Tre veloci commenti:
1.
Il palazzo della ragione è BELLISSIMO.
E' già bello di suo, e forse i padovani lo danno un po' troppo per scontato, ma con gli allestimenti che gli regalano questi grandi architetti diventa una vera esperienza spaziale.
Di Chipperfield mi ricordo la distesa di luci che ne annullava l'altezza facendola solo vagamente intuire, di Kenzo Kuma (a mio avviso il migliore visto fino ad ora) mi ricordo la leggerezza e l'atmosfera, della Hadid mi resta un certo spaesamento dimensionale (non negnativo) e, per adesso, la voglia di tornare a passeggiarci.
2.
Quando uno è famoso è difficile dire no.
Mi spigo meglio: a Giugiaro hanno fatto disegnare la pastasciutta. A Zaha Hadid non ancora, ma sembra manchi poco. In mostra abbiamo scarpe, borse, posate, tavoli, divani, una MACCHINA! e poi per fortuna (o purtroppo, sentendo i mormorii di alcuni presenti) anche i progetti e i plastici.
Ammetto che alcuni plastici erano uguali al divano e viceversa, ma avevano indubbiamente fascino...
^ questo è il tavolo per Vitra. ^
3.
Alla faccia dell'ospitalità!
Il comune/fondazione/altro ente che si occupa della mostra alle 7 meno 20 aveva già cominciato a chiudere tutto. Non male se si pensa che la mostra era aperta al pubblico dalle 6... forse prevedere una apertura straordinaria fino alle 9 ... magari pubblicizzarla meglio ... magari evitare di far mettere i vigili davanti all'ingresso alle 6 e 40 con i cancelli socchiusi ... ecco magari qualcun altro avrebbe potuto godere di questo bellissimo spazio...
Ciao Carlo,
RispondiEliminafammi capire: una mostra di questo tipo non è aperta la sera ? E tutti quelli che di giorno lavorano ?
Bisognerebbe chiederlo al comune ... comunque l'orario è 9 - 18 ... le mostre aperte alla sera sono ancora un'utopia.
RispondiEliminapurtroppo queste "sviste" organizzative che rendono difficile la conoscenza e l'accesso ai cittadini "non di categoria professionale", generano poi un disinteresse. Peccato perchè queste sono le occasioni che "pur discutendo pro o contro" permettono anche ai "non addetti" di avvicinarsi alla bellezza e all'armonia nelle diversità, con conseguente e naturale evoluzione del "buongusto" individuale.
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